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154 Capitolo Sedicesimo.

che riescano a porre fuori di combattimento anche i giaguari che sono i loro più mortali nemici e anche i coguari, o che almeno li costringano a rinunciare all’assalto.

Contro un uomo, anche se armato di una semplice mazza, nulla possono. Potete gettarvi in ispalla l’archibugio. Non vi sarà necessario.

— E dove va ora quella bestia?

— In cerca d’un formicaio. Oh! Non andrà molto lontano! Le termiti abbondano nelle foreste brasiliane.

— Ah! Guardate! Il tamanduà rallenta la marcia e fiuta l’aria. Sente la vicinanza del pranzo.

— E noi lo lasceremo pranzare?

— Aspetteremo che demolisca la cittadella delle termiti. Ehi, Garcia! Se tu tornassi al nostro accampamento intanto, a prepararci del pane? Hai veduto come si fabbrica e poi sorveglierai nel frattempo anche il fiume.

— Vado a fare il panettiere, — rispose il mozzo. — La mia presenza qui è inutile.

Mentre il bravo ragazzo si allontanava, il tamanduà continuava ad avanzarsi con una certa precauzione verso un gruppo d’alberi sotto i quali si scorgevano parecchi coni di terra biancastra, alti poco più d’un metro e situati, un po’ a casaccio, gli uni accanto agli altri.

— Il formicaio! — esclamò Diaz che pel primo li aveva scorti.

— Ah! Sono là dentro le formiche? — disse Alvaro. — Non farà troppa fatica a demolirlo, il nostro animale.

— Quei coni sono duri come la pietra, signore, — rispose il castigliano. — Senza un buon piccone non si sventrano.

— Pare impossibile che delle formiche possano costruire simili cittadelle.

— Dei formiconi signori e della specie più terribile. Gli abitatori di quel formicaio devono essere dei tanajura, ne sono certo.

— Assai grossi?

— Sono lunghi un pollice ed un quarto.

— Quasi quattro centimetri! Altro che le nostre formiche d’Europa.

— E come pungono o meglio come mordono e come sono voraci di carne umana! Che sorprendano un uomo addormentato e quel disgraziato se non si alza subito è perduto.