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Le anguille tremanti. 149

— Non bastano i caribi per rendere pericolosi questi fiumi?

— No, signor Viana, — rispose Diaz, sforzandosi a sorridere. — Vi sono anche certe anguille chiamate dagl’indiani tremanti1 che lanciano delle scariche elettriche al pari dei pesci torpedine dei nostri mari d’Europa. Fortunatamente non ve n’era che una sola.

— Possono uccidere talvolta?

— No, ma per qualche giorno riducono un uomo a malpartito. Bah! Il dolore è già passato e le mie gambe a poco a poco riprenderanno il loro primiero vigore.

— Mi sarebbe assai rincresciuto per voi e anche un po’ per la colazione.

— Ah! È vero, me l’ero dimenticata... Toh! La bella fortuna! Ma se non avete da far altro che di chinarvi per raccoglierla. Ecco qui una radura che un tempo deve essere stata coltivata. —

Alvaro si guardò intorno. Dietro la prima fila di palme gommifere, si estendeva un piccolo spazio scoperto su cui crescevano degli steli isolati con poche foglie palmate verso la cima, non più alti di dieci o dodici centimetri, ma della colazione promessa non si vedeva traccia alcuna.

— Ehi, Garcia, — disse Alvaro. — Tu che hai buoni occhi, fammi il piacere di raccogliere la colazione che io non riesco a scoprire. Eppure non mi pare di essere diventato cieco.

— Se non mi date un paio d'occhiali, non la vedrò nemmeno io, signor Alvaro, — rispose il mozzo.

— Prendi il tuo coltello e scava il terreno intorno a uno di quegli steli, — disse il marinaio a Garcia.

— Ah! Si trova sottoterra? Speriamo di trovare almeno delle lumache.

— Qualche cosa di meglio, — disse Diaz. — Prova. —

Il mozzo obbedì. Sollevò la terra e pochi centimetri più sotto trovò cinque tuberi di forme irregolari, lunghi circa cinquanta centimetri.

— Che cosa sono? — chiese il ragazzo.

— Delle frutta di terra squisitissime che imparerai ad apprezzare, — rispose il marinaio.

  1. I gimnoti.