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Gli Eimuri 135

forme che parevano più animalesche che umane, sbucare dai cespugli e avanzarsi cautamente nella radura.

Camminavano come le belve, colle mani e coi piedi e senza produrre il più lieve rumore.

— Eimuri? — chiese sottovoce Alvaro.

— Sì, — rispose il marinaio.

— Li avrei presi per due giaguari.

— Ne hanno infatti l’andatura.

— Che si arrestino qui o che proseguano?

— Se seguivano le mie tracce si arresteranno qui per cercarle. —

I due selvaggi attraversarono la radura, poi si fermarono entrambi mandando un grido rauco.

— Hanno scoperto gli avanzi del nostro fuoco e della cena, — disse Diaz.

— Che cosa faranno ora?

— Aspetteranno i compagni per consigliarsi.

— Purchè non venga a loro il sospetto che noi ci troviamo quassù.

— Non temete, — rispose Diaz. — E poi questi antropofagi non hanno mai conosciute le armi da fuoco e un paio di moschettate non mancheranno di spargere un terrore invincibile fra le loro file.

I due selvaggi si erano messi a rovistare la cenere, per vedere se vi era ancora qualche scintilla ed accertarsi se la fuga dello stregone dei Tupinambi datava da pochi minuti o da parecchie ore.

Furono uditi a mormorare, poi uno di loro riattraversò la radura correndo come un lupo rosso e rientrò nella foresta, mentre l’altro si sedeva accanto alle ceneri.

Qualche minuto dopo Alvaro ed i suoi compagni udivano i rami e le foglie a muoversi nuovamente nella foresta. La banda che doveva essersi arrestata in attesa dei suoi esploratori, aveva ripresa la marcia.

Infatti cinque minuti più tardi, una trentina di selvaggi invadeva la radura, fermandosi a breve distanza del summameira.

— Sono in buon numero, — mormorò Alvaro che non si sentiva troppo tranquillo, non ostante le continue assicurazioni del marinaio di Solis. —

I selvaggi si sedettero in circolo mentre tre o quattro radunavano dei rami secchi e fregavano su dei piccoli bastoni d’un