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Il marinaio di Solis 125

— Signor Solis, — gli gridai, — guardatevi dalle imboscate. —

Egli mi fece colla mano un gesto d’addio, e s’inoltrò sotto la foresta colla sua minuscola truppa.

Noi eravamo in grande ansietà; io specialmente avevo indosso una inquietudine tale da non poter star fermo.

La scomparsa dei selvaggi, che fino allora ci avevano sempre seguiti, non mi pareva naturale. Presentivo un tradimento ed una catastrofe.

Era troppo tardi per poter arrestare Solis. Eppoi quell’uomo che non aveva paura di nessuno e che maneggiava la spada come un guascone, non mi avrebbe dato retta e avrebbe riso dei miei timori.

Mancava poco al tramonto, quando udimmo improvvisamente rimbombare alcuni colpi di archibugio, seguìti da un clamore così spaventevole che per parecchi giorni mi rintronò negli orecchi.

Nessun urlo di belva potrebbe darvi l’idea dell’urlo di guerra dei selvaggi dell’America meridionale.

Io ero balzato in piedi, gridando ai miei uomini:

— Assalgono il capitano! Accorriamo in suo aiuto! —

Mi guardarono senza rispondere. Erano annichiliti dallo spavento.

Compresi che mai sarei riuscito a deciderli e d’altronde che cosa avremmo potuto fare noi, che non sapevamo nemmeno da qual parte dirigerci? Per parecchi minuti udimmo gli archibugi a sparare e le urla dei Charruà, poi subentrò un silenzio assoluto.

Tutto doveva essere finito. Solis e la sua gente, sorpresi in qualche imboscata abilmente preparata dagl’indiani, dovevano essere stati massacrati.

I miei compagni mi pregarono di tagliare la corda dell’ancora e di raggiungere al più presto la nave che ci aspettava all’imboccatura del fiume; mi rifiutai recisamente di lasciare il posto almeno fino all’alba dell’indomani.

Avevo la speranza che qualcuno fosse riuscito a sfuggire alla strage e che giungesse da un momento all’altro sulla riva.

Quando la notte discese, vedemmo dei fuochi giganteschi ardere sotto i boschi.

Impaziente di sapere qualche cosa sulla sorte toccata al mio sventurato capitano, mi decisi a scendere a terra.

Essendosi i miei compagni rifiutati di accompagnarmi, sbarcai solo portando con me un archibugio ed uno spadone.

I fuochi che continuavano ad ardere sul fianco d’una collina bo-