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112 | Capitolo Decimo. |
poggiava per non ferirsi, manifestando il suo malumore con dei sordi miagolii che terminavano in una specie di ululato rauco.
La scimmia che lo vedeva avvicinarsi sempre, quantunque lentamente, raddoppiava i suoi fischi e continuava ad innalzarsi, tenendosi ben stretto, con una mano, il piccino, il quale, conscio del pericolo che correva la madre, mandava delle grida lamentevoli.
A poco a poco aveva raggiunto uno degli ultimi rami, ma là giunta aveva dovuto arrestarsi giacchè il suo peso minacciava di farlo rompere.
Si trovava proprio al di sopra del fiume e non aveva ormai nessun scampo.
Anche se si fosse lasciata cadere in acqua non sarebbe sfuggita alle terribili unghie del giaguaro, essendo queste belve abilissime nuotatrici.
Il giaguaro giunto a metà del tronco, desideroso di finirla, si raccolse su se stesso, poi con un salto fulmineo balzò su uno dei più grossi rami dove non vi erano più spine.
— La scimmia è perduta, — disse Alvaro che seguiva con viva curiosità la manovra del carnivoro.
Ed infatti la sorte del cebo era ormai decisa. Fra pochi istanti doveva terminare fra i denti e le unghie del carnivoro.
Il giaguaro salì rapidamente il ramo, lesto come un gatto, però giunto ad un certo punto dovette fermarsi. Un crepitio si era fatto udire ed il prudente ed astuto carnivoro aveva subito compreso che non poteva andare più innanzi senza esporsi al pericolo di capitombolare nel fiume, nel qual caso la scimmia non avrebbe mancato di approfittare per fuggire nella foresta.
— La va male per la belva, — disse Alvaro. — Comincio a credere che la scimmia sia ben lontana dal farsi divorare. —
Il carnivoro si era messo a soffiare come un gatto in collera e sfogava il suo malumore, maltrattando la corteccia dell’albero da cui staccava larghi pezzi.
La scimmia, pazza di terrore e sentendosi ormai perduta, si penzolava all’estremità del ramo, tenendosi appesa colla destra mentre colla sinistra si stringeva sempre, con vera frenesia, il piccino che non voleva lasciare.
In quel momento, trasportate dalla corrente, passavano sotto l’albero delle immense foglie di victoria regia, coi margini assai rialzati e che potevano sostenere ben altro che una scimmia di così piccola mole.
— Ah! La furba! — esclamò Alvaro. —