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il treno volante 95


Giunti sotto il Germania, il quale ondeggiava leggermente sotto la spinta del vento, tendendo la corda dell’àncora in modo quasi da spezzarla, il sultano ed i tre aeronauti scesero da cavallo, mentre la scorta si disponeva all’intorno, tenendo in pugno i moschetti e le lance.

— Non avrete paura a salire questa scala di corda? — chiese il tedesco al sultano.

— No — rispose questi risolutamente.

— Quando saremo lassù, darai ordine ai tuoi uomini di staccare l’àncora che si è fissata fra i rami.

— Io vorrei però condurre con me anche Ben-Zuf.

— È impossibile — rispose prontamente il tedesco. — Il mio uccello non può portare più di sei persone.

— Manda giù qualcuno dei negri.

— Mi sono necessari per manovrare le macchine del mio pallone.

— Non potrebbe surrogarli Ben-Zuf?

— Non conosce le manovre.

— È vero — rispose il sultano.

Ordinò a due guerrieri di arrampicarsi sul sicomoro per staccare l’àncora, poi salì coraggiosamente la scala di corda senza dimostrare alcuna apprensione. L’arabo e i due europei l’avevano subito seguito, giungendo felicemente sulla piattaforma.

— Guardate quanta terra abbraccia lo sguardo — disse il tedesco conducendo il sultano a prora.

— Meraviglioso! — esclamò il monarca. — Partiamo, andiamo più in alto, fino a vedere l’Usagara e l’Ugogo. Ah, questi bianchi! Che stregoni!

— Matteo — disse Ottone, — preparati a gettare un quintale di zavorra.

— Basterà per portarci fuori dalle scariche?

— Sì — rispose Ottone. — Il gas è straordinariamente dilatato.

— Lasciate l’àncora! — gridò il sultano ai negri che s’erano