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il treno volante 87


— Vi era Altarik? — chiese El-Kabir.

— Sì.

— Era numerosa la carovana?

— Si componeva di cento uomini con parecchi asini.

— E che cosa ti ha detto Altarik?

— Che andava a Taborah a fare acquisto di avorio.

— Egli ha mentito: va in cerca dell’inglese anche lui.

— Cosa c’entra lui con l’inglese?

— Suppongo che sia stato il Sultano di Zanzibar a deciderlo — s’affrettò a dire El-Kabir. — Dove credi che sia a quest’ora l’arabo?

— Sarà sui confini dell’Usagara e forse dell’Ugogo. La carovana si avanzava a marce forzate non prendendo che brevi riposi.

— Avete udito? — chiese El-Kabir, volgendosi verso i due europei che gli cavalcavano ai fianchi.

— Sì — rispose Matteo in francese, lingua che l’arabo conosceva mentre Ben-Zuf probabilmente la ignorava. — Che abbia un notevole vantaggio su di noi non m’importa, potendo il nostro treno guadagnarlo facilmente. È un’altra cosa che mi conturba.

— Quale, Matteo?

— Mi è venuto un sospetto.

— Spiegati meglio.

— Che Altarik abbia montato le popolazioni contro di noi o meglio contro di te.

— Da che cosa lo arguisci? — chiese l’arabo, con sorpresa.

— È un mio sospetto per ora. Tu sai che quell’uomo è capace di tutto.

— Questo è vero, Matteo — rispose El-Kabir, fattosi improvvisamente pensieroso.

Erano giunti in quel momento presso il villaggio. Una folla di negri con molte donne e numerosi fanciulli era accorsa incontro agli uomini che volavano pel cielo, pigiandosi e urtandosi per meglio osservarli.

Il capo li respinse verso le capanne e condusse rapidamente