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il treno volante 83


— Riconoscendo i colori del sultano si mostreranno meno diffidenti.

La bandiera zanzibarese, rossa, con la luna d’argento, fu spiegata sul davanti della piattaforma, in modo da poter essere subito veduta.

Un momento dopo un centinaio circa di cavalieri partivano ventre a terra incontro al pallone, il quale manovrava in modo da ancorarsi al disopra dei sicomori.

Quei cavalieri gridavano a squarciagola agitando le armi e sparavano a salve, improvvisando una festosa fantasia.

— Hanno riconosciuta la bandiera — disse El-Kabir. — Ci vengono incontro da amici.

— Che ci prendano per divinità celesti? — chiese Matteo.

— Per figli del sole o della luna? — disse il tedesco ridendo.

— Quando mi vedranno saranno persuasi che siamo uomini al pari degli altri — disse El-Kabir. — Conosco il capo di quei cavalieri.

Sokol ed il suo compagno avevano gittate due àncore ed una subito s’era impigliata fra i rami di uno dei più grossi sicomori.

Le eliche, disposte orizzontalmente, funzionavano già per forzare il treno ad abbassarsi, mentre i due europei e l’arabo ritiravano la corda, facendo forza di braccia.

Quando il Germania giunse a trenta metri dal suolo, i cavalieri arrivavano presso il sicomoro.

Erano tutti negri, di forme robustissime, con torsi e braccia poderosi, gli occhi grandi che parevano di porcellana, le mascelle e le labbra molto sporgenti.

Vestivano grossi camiciotti di tela bianca e portavano ampi mantelli alla foggia araba, adorni di una riga rossa molto larga.

Il capo, che sorpassava tutti in altezza e che montava un bel cavallo di razza araba, si volse verso gli aeronauti, gridando in zanzibarese:

— Chi siete voi? Figli del cielo o dell’inferno? Rispondete o noi faremo fuoco e vi perseguiteremo attraverso tutto il territorio del nostro Sultano.