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82 | emilio salgari |
— Allora si potrebbe fargli una visita.
— Non ci sarebbe pericolo, conoscendo io personalmente il sultano. Avremo anzi da lui una buona accoglienza ed approfitteremo per informarci della carovana d’Altarik.
— Andiamo — disse Matteo. — Dove ci fermeremo?
— Preferisco ancorarmi a qualche distanza dal villaggio — rispose il tedesco. — Saremo più liberi di andarcene quando meglio ci piacerà ed in caso di pericolo potremo meglio difenderci.
«Vedo a due o trecento passi dalle prime capanne alcuni grossi sicomori che ci serviranno per ancorarci.
— Scendiamo, padrone? — chiese Sokol con un tono di impazienza.
— Ti preme? — domandò El-Kabir, sorpreso da quell’accento.
— C’è un mio amico in quel villaggio — disse il negro cambiando prontamente tono, come si fosse pentito di aver fatto quella domanda.
— Chi è?
— Un capo.
— Vedremo di trovarti il tempo di andarlo a trovare.
Mentre il Germania, spinto dal vento e dalle eliche che erano state messe in movimento per regolare meglio la direzione, s’accostava, nel villaggio succedeva un movimento straordinario.
Dei gruppi di negri si radunavano sulla piazza del mercato e nelle viuzze adiacenti; poi si scioglievano per quindi riunirsi di nuovo un po’ più lontani.
La popolazione doveva avere già scoperto quel mostro di nuova specie o non sapendo di che cosa si trattasse, si preparava a organizzare la resistenza.
Dei gruppi di cavalieri percorrevano già la fronte del villaggio, armati di lunghi moschetti e di lance.
— Spieghiamo qualche bandiera — disse l’arabo. — Essa li rassicurerà un po’.
— Ne ho una di Zanzibar — rispose Ottone.