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il treno volante 55


— Saremo ben costretti a discendere qualche volta — disse Matteo.

— Anzi, tutte le sere per provvederci di acqua e di legna per i miei motori e anche per noi — rispose Ottone. — Scenderemo in luoghi deserti, lontani dai villaggi e dalle vie battute dalle carovane.

— E poi qualche volta ci daremo anche il lusso di procurarci della carne fresca. Mi hanno detto che l’Usagara è ricco di selvaggina.

— Vi sono animali d’ogni specie — disse El-Kabir.

— Anche dei leoni?

— E anche degli elefanti.

— Ne prenderemo qualcuno.

— Heggia un tempo era un famoso cacciatore d’avorio.

— Lo esperimenteremo.

Intanto il Germania aveva raggiunta la costa ed ora correva sopra pianure, boscaglie e campi coltivati, con una velocità da trenta a trentacinque miglia all’ora, essendo il vento piuttosto forte a quell’altezza di seicento metri.

Di quando in quando in mezzo ai campi si vedevano dei negri intenti a raccogliere la manioca od il miglio. Scorgendo quell’immenso mostro fendere lo spazio, abbandonavano precipitosamente i loro attrezzi per fuggire disperatamente, urlando a squarciagola.

Altri invece si buttavano a terra e nascondevano il viso nei solchi dei campi, gettandosi addosso quante piante e foglie potevano per nascondersi.

Il più bello era quando il treno aereo giungeva improvvisamente sopra qualche villaggio. Appena avvistata l’ombra gigantesca proiettata sul suolo, uno stupore indescrivibile s’impadroniva degli abitanti. Interrompevano le loro conversazioni, guardavano in aria e scorgendo il pallone si disperdevano come un branco di passeri spaventati dalla comparsa improvvisa d’un falco.

Urla, pianti e strida di donne e di fanciulli si alzavano dap-