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il treno volante 47


— Il vostro pallone è un prodigio!

— Che farà dei miracoli anche in Africa.

— Ne sono convinto, signore.

— V’è passato il timore?

— Sì — rispose l’arabo sorridendo. — Da principio non mi credevo sicuro; ora invece sono così tranquillo, come mi trovassi in casa mia. Che bella sorpresa per le spie d’Altarik!

— Vegliavano attorno alla vostra casa?

— Ve n’erano otto.

— Hanno veduto il pallone?

— Sì, signore, e so dirvi anzi che hanno avuto tale paura, vedendo comparire sopra la mia casa un simile mostro, che sono fuggiti, urlando come se fossero impazziti.

— Sicchè domani si racconterà a Zanzibar che un mostro enorme ha minacciato la città.

— E si metteranno in moto tutte le guardie del Sultano per dargli la caccia — disse l’arabo.

— E s’interrogheranno tutti i muezzin delle moschee — aggiunse il greco. — Si parlerà a lungo del mostro misterioso che ha rapito El-Kabir.

— Forse faranno di me un santone — disse l’arabo. — Chi non crederà sarà Altarik.

— Che quell’arabo possa sospettare qualche cosa?

— Altarik è stato più d’una volta in Europa e s’immaginerà di che cosa si tratta. Le sue spie non mancheranno di avvertirlo.

— Ma se è già sul continente...

— I corrieri lo raggiungeranno, Matteo — disse l’arabo. — Non deve essere molto lontano da Bagamoyo.

— Passeremo su quella città — disse il tedesco. — Il vento ci porta in quella direzione.

— Sarebbe meglio evitarla.

— E perchè, El-Kabir? — disse il greco.

— Vi sono dei cannoni in quella città e gli arabi possono spararli contro di noi, credendo d’aver a che fare veramente con un mostro.