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il treno volante | 37 |
— Lasciando cadere sulla loro navicella una bomba carica di dinamite.
— Hai portato con te anche qualcuno di quei tremendi ordigni di distruzione?
— Sì. Ho pensato che potevano esserci utili per spaventare le tribù africane.
— Che uomo previdente!
— Guarda; la barca torna indietro.
— Non vuole allontanarsi da questa spiaggia — disse il greco.
— Non vorrei che gli arabi approfittassero delle tenebre per sbarcare e venirmi a guastare i palloni.
— I miei servi rimarranno in sentinella tutta la notte. Ho già dato ordine che guardino rigorosamente la spiaggia.
Vedendo che la barca riprendeva il largo, ridiscesero nel cortile e fecero sparire rapidamente la cena.
Verso le dieci, non vedendo più la dau, si ritrassero nelle loro stanze, mentre i negri si mettevano di sentinella attorno alla villa, spingendosi di frequente verso la spiaggia.
Contrariamente ai loro timori i due poterono dormire tutto d’un fiato, senza venire disturbati da alcun allarme.
Verso la mezzanotte la dau era ricomparsa presso la casa, ma, udendo il «chi va là?» dei negri, aveva ripreso il largo dirigendosi verso Zanzibar.
Nessun altro incidente aveva turbato la guardia dei negri.
Al mattino, per tempo, i due europei si rimettevamo al lavoro per finire di montare il treno aereo.
Aiutati dai negri, i quali avevano potuto dormire qualche ora dopo l’alba, avvitarono solidamente i diversi pezzi del telaio riunendo tutti i quadri di legno con aste di ferro. Disposero quindi i palloni dentro i loro diciassette ripari, quindi collocarono a posto i due altri motori, le eliche ed il timone e le due macchine, le quali dovevano appoggiare all’estremità posteriore della piattaforma.