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il treno volante 35


— E la piattaforma dov’è situata?

— Sotto ai palloni, trattenuta da funi solidissime.

— Molto grande?

— È lunga dieci metri e larga quattro, con bordi molto alti per impedire qualsiasi caduta. Potremo muoverci a nostro comodo e anche passeggiare come sul ponte di una piccola nave.

— E l’idrogeno dei palloni?

— L’ho rinchiuso ad alta pressione in cilindri di acciaio. Ne porteremo con noi parecchi per sopperire alla perdita inevitabile del gas dei nostri palloni, quantunque la seta sia stata fabbricata espressamente e spalmata di una vernice di mia invenzione.

— E con quale velocità avanzeremo?

— Con quella del vento.

— E se questo fosse contrario?

— Se non sarà molto forte, potremo fare egualmente le nostre dodici o quindici miglia all’ora.

— La velocità di una nave mercantile a vapore. È già qualche cosa e nessuna carovana potrà rivaleggiare con noi, anche se montata.

— Al lavoro — disse il tedesco. — Avremo molto da fare per montare l’intero treno.

Aiutati da tre negri, mentre il quarto si era messo di sentinella, cominciarono a vuotare le casse, estraendo, volta a volta, i palloni, i quadri di legno smontati, la piattaforma che era stata pure divisa in quattro pezzi per facilitarne il trasporto; i pezzi dei due motori, gli alberi di propulsione, le eliche e le cassette contenenti le armi, le munizioni, i viveri conservati.

Ad operazione compiuta, le tettoie ed il cortile erano pieni di pezzi e di ordigni.

Quella prima operazione richiese gran parte della giornata; però, prima che il sole tramontasse, il professore era riuscito anche a montare le macchine e a disporre in buon ordine i telai che dovevano servire di ricovero ai palloni e formare, uniti, lo scheletro del treno aereo.

Stanchi per quel lungo e faticoso lavoro, stavano per sedersi