Pagina:Salgari - Il treno volante.djvu/34

30 emilio salgari


Nel cortile, molto ampio, vi erano alcuni cocchi ed un grossissimo sicomoro, il quale estendeva i suoi rami smisurati su tutta la casa, coprendola costantemente d’ombra.

Di là dalla cinta si estendevano alcuni campi coltivati a zucche, a poponi, a canapa ed a granoturco, poca cosa però, essendo la maggior parte dei terreni dell’isola piuttosto aridi e quindi per niente produttivi.

— Ecco la mia famosa villa — disse, il greco ridendo, mentre i suoi quattro servi, quattro vecchi negri, ma ancora robusti, erano accorsi a salutarlo. — È una catapecchia che vale poche centinaia di rupie, però ci gioverà per innalzare il tuo pallone.

— Abbiamo spazio sufficiente — disse il tedesco dopo di aver misurato, con una sola occhiata, l’ampiezza del recinto.

— Le tue casse sono già giunte.

— Le abbiamo collocate sotto la tettoia centrale — disse uno dei quattro servi.

— Andiamo a vedere se ci sono tutte — disse Ottone.

Si recarono sotto la tettoia più spaziosa dove i marinai della piccola nave a vapore avevano collocato il carico appartenente ai due amici. Esso si componeva di ventidue casse di dimensioni non comuni, alcune quadrate ed altre circolari o triangolari. Erano tutte numerate e distinte con un segno speciale.

— Ci sono tutte? — chiese il greco.

— Sì — rispose il tedesco.

— Ci metteremo subito all’opera?

— È necessario agire senza perdere tempo. La faccenda sarà lunga e anche faticosa.

— I negri ci aiuteranno.

— E chi sorveglierà?

— Basterà mandarne uno sulla terrazza — rispose il greco. — Di lassù si può vigilare per un tratto immenso, non essendovi alture nè boschi che possano impedire la vista. Sono curioso di vedere questo tuo famoso pallone completamente montato.

— Aspettati un capolavoro, Matteo.