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il treno volante 21


«Siccome io diffido di quell’uomo, che gode fama di essere più rapace di un beduino e più crudele d’un cacciatore di schiavi, me lo levai subito dai piedi, dicendogli che gli avevano dato da bere una frottola.

«Pare che l’arabo non ne sia rimasto persuaso. Il fatto sta che corruppe uno dei miei servi, un negro di Usaramo, a cui avevo narrato l’affare del documento, in modo che potè venire in chiaro della faccenda.

«Altarik da quel giorno mi ha fatto sorvegliare giorno e notte per paura che io partissi per il continente, mentre ha mandato una forte carovana nel Kassongo per impadronirsi del tesoro. Credo anzi che sia partito anche lui.

— È per questo che tutti i tuoi servi sono armati?

— Altarik è capace di tutto, e sono certo che ha dato incarico ai suoi uomini di uccidermi a tradimento, per impedirmi di partire per il continente. È da quel giorno della partenza, mio caro Matteo, che io non oso più uscire di casa per non farmi trucidare.

-— Allora le spie di Altarik avranno notata la nostra venuta.

— Sì, e vi prego di guardarvi attentamente alle spalle. Un colpo di jatagan è presto dato.

— Abbiamo le nostre rivoltelle in tasca — rispose il greco.

— Quando partiremo? — chiese l’arabo.

— Domani sera — rispose il tedesco. — Questa notte sarebbe troppo presto, poichè temo che il mio pallone abbia subìto qualche danno nella traversata.

— Ed il gas come farai ad averlo? — chiese il greco.

— L’ho portato con me, rinchiuso a gran pressione in cilindri di acciaio di una resistenza incalcolabile — riprese il tedesco. — Il gonfiamento dei miei palloni non richiederà più di tre o quattro ore.

— Dei tuoi palloni! — esclamò Matteo. — Non si tratta di uno solo?

— Sono diciotto — rispose Ottone, ridendo.

— Che aerostato hai portato?