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il treno volante 247


In quell’istante due lampi balenarono in direzione della caverna e due colpi di fucile rimbombarono.

Una palla forò il turbante di El-Kabir, mentre l’altra fischiava agli orecchi di Heggia.

Matteo, l’inglese e Ottone fecero fuoco simultaneamente.

Uno degli arabi cadde; l’altro invece si precipitò fra le rocce e fu poi veduto fuggire verso il bosco.

El-Kabir gli sparò dietro un colpo di fucile senza però colpirlo, a quanto parve.

— Lasciamolo andare — disse l’inglese. — Quando Altarik verrà qui col sultano, noi avremo terminato il carico e rinforzati i palloni.

— Ne avremo il tempo? — chiese El-Kabir.

— Sì — rispose Ottone. — Presto, scendiamo qui.

Gettarono l’àncora, la quale fece presa subito, cacciando una punta nella fessura di una roccia; poi lanciarono la scala.

Scesero ad uno ad uno, poi si misero a tirare il Germania fino a che la piattaforma toccò il suolo, surrogando poscia il loro peso con dei macigni.

— Voi andate a cercare gli schiavi — disse l’inglese all’arabo. — Li farete scendere nella caverna e poi farete portare le ceste nella galleria.

— È ancora chiusa.

— Noi faremo saltare la roccia — disse Ottone. — Basta una delle mie bombe per mandarla in mille schegge.

— Corro subito — disse l’arabo.

Ottone e l’inglese esaminarono la rupe che gli arabi di Altarik avevan fatto cadere dinanzi all’apertura della galleria e trovata una specie di nicchia vi cacciarono dentro la granata ripiena di cotone fulminante.

Dato fuoco alla spoletta, si ritrassero dietro le rupi vicine, in attesa dello scoppio.

Un minuto dopo una fortissima detonazione rimbombava, e centinaia e centinaia di schegge balzavano in aria, ricadendo poi al suolo con gran fragore.