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246 emilio salgari


— E come ve la siete cavata con l’arabo? So che era partito per venire ad impadronirsi di voi.

— Te lo narrerò più tardi; dimmi invece quando è ritornato l’arabo.

— Tre ore prima che il sole tramontasse — rispose Heggia.

— Era seguito dai negri del sultano?

— Sì, padrone.

— E dove accampa quel briccone?

— In alcune tettoie che si trovano ad occidente della città. Dall’alto del Germania ho potuto seguire con lo sguardo la carovana.

— Si troverà ancora in quelle tettoie?

— Ne sono certo, padrone.

— Sapresti guidare il Germania sopra di esse?

— Sono facili a riconoscersi fra le altre, essendovi sopra parecchie bandiere zanzibaresi.

— Altarik pagherà il suo tradimento — disse El-Kabir, con tono reciso.

— Andremo a bombardargli l’accampamento — disse Ottone.

— Abbiamo ancora due granate di cotone fulminante.

— È quello che volevo proporvi — disse l’arabo vendicativo.

— Attenti alle sentinelle che vegliano dinanzi alla caverna! — gridò l’inglese. — Se ci sfuggono andranno ad avvertire gli arabi ed il sultano.

Il Germania si librava allora sopra la collina e scendeva lentamente, essendo state aperte le valvole dei palloni centrali.

I tre europei, coi fucili imbracciati, cercavano di distinguere i due arabi rimasti a guardia della caverna, senza riuscire a vederli.

— Che siano fuggiti? — chiese Matteo.

— Io temo che abbiano veduto il Germania da lontano e che si siano nascosti nella foresta — disse Ottone.

— No, mi pare che si siano nascosti dietro quelle rupi — disse l’arabo.