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il treno volante 19

quindi riuscì facile scovare numerose antilopi e anche non pochi struzzi. Avevo già ammazzati parecchi di quegli animali e di quei grandissimi volatili, quando, esaminando la selvaggina per vedere dove li avevo colpiti, scoprii una specie di sacchetto appeso con una funicella al corno d’una antilope.

«Molto sorpreso, staccai quell’oggetto e dentro, avvolto in parecchi pezzi di pelle, rinvenni questo pezzo di carta.

«Ho cercato di decifrarlo senza riuscirvi, non conoscendo quelle parole affatto diverse dalle nostre. Sapreste dirmi di che cosa si tratta?».

«Avendo fiutato qualche cosa di straordinario, finsi di non dare alcuna importanza alla carta, perchè il mio amico non potesse indovinare, nemmeno lontanamente, di cosa si trattasse.

«Quella carta era stata scritta da un esploratore inglese, certo John Kambert, partito da Zanzibar, due anni or sono, per recarsi ad esplorare le rive occidentali del grande lago Tanganika.

«In sostanza, l’esploratore diceva che da un anno era stato fatto prigioniero da una tribù di negri ferocissimi, i quali lo avevano condotto a Kilembo nel Kassongo e che soffriva tali martiri da desiderare ogni giorno la morte. Chiedeva soccorso promettendo a chi lo avrebbe liberato di indicargli un posto dove si trovava una montagna contenente ricchezze incalcolabili, accumulate da secoli e secoli dai negri di Kassongo.

«All’arabo che mi spiava attentamente, credendo anche lui che quel documento avesse un grande valore, dissi che si trattava d’una semplice informazione geografica da trasmettersi al console inglese di Zanzibar, promettendo una ricompensa di venti sterline.

«Il mio arabo cadde nella trappola e sapendo che io stavo per imbarcarmi per Zanzibar, mi affidò l’incarico di trasmettere il documento, previo sborso delle venti sterline promesse dall’esploratore.

«Gli consegnai senz’altro il denaro e portai con me il documento, certo di aver fatto uno splendido affare.

«Fatte delle indagini, ebbi le prove che realmente due anni