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il treno volante 243


Attraversati i campi, i tre europei e l’arabo giunsero al cospetto di una specie di bastione di terra battuta che si estendeva dinanzi alla cinta.

— L’entrata deve trovarsi da questa parte — disse l'inglese.

Presso il bastione crescevano fitti cespugli. L’inglese vi si cacciò dentro e scoprì finalmente una grossa tavola coperta in parte di terra.

Aiutato dai compagni la sollevò e mostrò una nera apertura.

— È il passaggio — disse.

— Attraversa tutto il bastione? — chiese Ottone.

— E anche parte della città.

— Non vi saranno sentinelle?

— A quale scopo, se quasi tutti ignorano l’esistenza di questa galleria?

Accese un ramo resinoso preso nelle boscaglie e guidò rapidamente i compagni.

Quella galleria era umidissima, ed abbastanza vasta perchè vi potessero passare tre uomini di fronte.

Nessun rumore vi si udiva, nè si vedeva alcuna sentinella.

L’inglese camminò per una buona mezz’ora, poi giunse dinanzi ad un tramezzo, costituito da una massiccia tavola.

— Aiutatemi — disse.

Infisso sulla tavola stava un grosso anello di rame. L’inglese lo afferrò e lo spinse in alto.

Il tramezzo fu sollevato di qualche metro, poi tutti passarono dall’altra parte e si trovarono dinanzi ad una scaletta scavata nel suolo.

Salirono rapidamente per quella e si trovarono in una capannuccia.

— Siamo dietro la capanna del sultano — disse l’inglese.

— Che ci siano dei negri a guardia? — chiese Ottone.

— Non credo.

Aprì con precauzione la porta e dopo aver ascoltato attentamente, uscì adagio adagio.

— Nessuno? — chiese Ottone.