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serabile. — Quando sarete morti avrò il vostro pallone ed il vostro oro.

— Altarik — gridò El-Kabir, — se tu non ci liberi, io ti ucciderò, lo giuro sul Profeta!

— Provati a uscire, se lo puoi, El-Kabir. Buona colazione!

— Altarik, io sono tuo correligionario ed il Profeta punisce i malvagi.

L’arabo non rispose. Si era allontanato senza più occuparsi dei prigionieri.

— Tentiamo qualche mezzo di liberazione — disse Ottone, con accento energico.

— Cosa vuoi fare? — chiese Matteo.

— Proviamo innanzi tutto a smuovere la roccia. Siamo in venti uomini, e gli schiavi sono robustissimi. Forse con una spinta poderosa riusciremo.

— Andiamo a esaminare la roccia — disse l’inglese. — Può essere meno grossa di quanto crediamo; tutto è possibile e nulla può essere ancora perduto.

XX

La fuga

Non combaciando interamente coi margini d’uscita della galleria, quell’enorme ostacolo aveva lasciato alcune piccole fessure attraverso le quali filtrava ancora un po’ di luce.

Guidati da quel barlume, i tre europei e l’arabo si spinsero sino al fondo della galleria, osservando attentamente l’ostacolo che impediva a loro d’uscire.

— Cosa ne dite? — chiese Ottone all’inglese, che nella sua qualità d’ufficiale del genio era più competente di tutti.

— Il masso è enorme — rispose l’interrogato. — Non deve pesare meno di dieci tonnellate.

— Venti uomini, per quanto robusti, non possono spostare simile peso!