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228 | emilio salgari |
I negri stavano per eseguire l’ordine, quando Matteo vide qualche cosa di bianco che si avanzava fra le piante.
— Fermi! — disse. — Altarik ci manda un parlamentario.
Vedo un arabo che ha una banderuola bianca attaccata alla punta di una lancia.
— Che cosa vuole proporci quel furfante? — si domandò Ottone.
— Lasciamolo venire — disse Matteo. — Udremo quale proposta ci farà il suo padrone.
Uno zanzibarese, riconoscibile pel fez rosso che portava in testa, si avanzava con uno straccio bianco, gridando con quanta voce aveva:
— Fermi! Vengo da amico!
— Un amico pericoloso — disse Ottone. — Staremo in guardia, mio caro.
— Io gli manderei già una buona palla nello stomaco — disse l’inglese.
— Rispettiamolo per ora — disse Matteo. — Avremo tempo di ucciderlo più tardi.
— Purchè quel parlamentario non ci faccia qualche brutto giuoco! — osservò El-Kabir.
— E quale? Non ha che una lancia — disse Matteo.
— Non vorrei che gli altri ne approfittassero per accostarsi inosservati a noi.
— Apriremo bene gli occhi.
Lo zanzibarese era giunto sull’orlo del bosco e s’era arrestato agitando la sua banderuola.
— Andiamo a vedere cosa desidera — disse Ottone. — Chi mi accompagna?
— Io — disse l’inglese. — Gli altri rimarranno qui di guardia e si terranno pronti a proteggerci. Non c’è molto da fidarsi di quei negri.
Presero i fucili e mossero incontro al parlamentario, mentre Matteo e l’arabo, saliti sul muricciuolo, tenevano puntate le armi, pronti a far fuoco sullo zanzibarese alla prima mossa sospetta,