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il treno volante 199


— È inutile, Matteo — disse Ottone. — Giungeremo egualmente all’isola.

L’àncora fu subito gettata e s’immerse nel lago sollevando uno spruzzo altissimo. Il Germania si trovava allora a soli quaranta metri dalla superficie, però il vento soffiava forte e l’isola ingrandiva rapidamente.

Era quella una terra bassa, coperta tutt’intorno da folti canneti e più oltre da cespugli e da alberi grandissimi, per lo più sicomori e palme di bellissimo aspetto. Non si vedevano capanne: essendo però la vegetazione folta, non si poteva escludere che ve ne fossero sotto gli alberi.

Il Germania non distava ormai che due o trecento metri, quando diede un balzo così improvviso e così forte, da scagliare gli aeronauti uno addosso all’altro.

— Cosa è accaduto? — domandò Ottone, alzandosi subito.

— Non siamo ancora giunti sull’isola per urtare contro gli alberi.

— Il dirigibile ha subito uno strappo — disse Matteo. — Non vedi che danza?

— Che l’àncora si sia impigliata su qualche bassofondo?

— O che abbia ramponato qualche grosso pesce? — chiese l’arabo. — La fune subisce degli strappi continui.

Si curvarono sul parapetto e guardarono. Qualche cosa avveniva sott’acqua, perchè della spuma montava alla superficie e non era candida.

— Abbiamo preso qualche pesce — disse Matteo.

In quel momento una testa emerse, o meglio sorsero due mascelle armate di lunghi denti che si chiudevano e si aprivano con sordo rumore.

— Abbiamo preso un coccodrillo! — esclamò Ottone.

Era vero. L’ancora era stata scambiata per un oggetto mangiabile ed un grosso sauriano l’aveva addentata, rimanendone preso.

Una punta era penetrata nella mascella superiore del ghiottone, traforandogliela.

Il sauriano, pazzo di dolore, era salito alla superficie, dibat-