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il treno volante 193


Mentre il Germania, spinto da un vento debolissimo, continuava ad avanzarsi verso occidente, tenendosi ad un’altezza di centocinquanta metri, sotto i boschi si udivano incessantemente rullare i tamburi.

Di quando in quando si levavano verso il cielo ondate di urli e si scorgevano nel buio improvvisi fiammeggiamenti di torce e di falò.

Il Germania era stato segnalato e le numerose tribù dell’Ukonongo, aiutate dai guerrieri di Nurambo, si preparavano a dargli la caccia.

Il treno aereo non poteva sfuggire agli sguardi degli abitanti.

Essendo il cielo purissimo e brillando la lima in tutto il suo splendore, esso era chiaramente visibile.

Il Germania passava in quel momento sopra alcuni boschi formati da baobab immensi, i cui rami sfioravano talvolta l’estremità della piattaforma. Continuando il condensamento del gas, il treno aereo aveva continuato a scendere fino a trovarsi a soli cinquanta metri dal suolo.

Ottone stava per ordinare a Heggia di gettare alcuni cilindri vuoti per alleggerire il treno ed innalzarlo di qualche centinaio di metri, quando urla acute scoppiarono proprio sotto la piattaforma.

Quasi nello stesso momento il Germania si abbassò bruscamente, urtando contro i rami di un baobab enorme.

— Siamo assaliti! — gridò Heggia. — I negri si sono aggrappati alla nostra piattaforma.

— Aspetta — disse Ottone.

Scavalcò il parapetto e tenendosi attaccato ad una corda scaricò i sei colpi della sua rivoltella, mentre Matteo aiutato dall’arabo lasciava cadere una cassa pesantissima ripiena di gallette e di conterie che dovevano servire di regalo ai potenti negri.

Il Germania si rialzò subito, non però in proporzione al peso di cui era stato alleggerito.

In mezzo ai rami del baobab, si udivano urlare i negri; e frecce e lance venivano scagliate in aria, colpendo la superficie inferiore della piattaforma.