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il treno volante 189

due arabi, era uno dei più grossi della specie, misurando quasi tre metri di lunghezza e uno e mezzo di altezza. La sua giubba nerastra era folta e gli dava un aspetto imponente.

Quasi si fosse accorto della presenza dei suoi avversari, si era subito volto verso il baobab, sferzandosi i fianchi con la coda e squassando la folta giubba.

— Che ci abbia veduti? — chiese Ottone.

— Forse ci avrà sentiti al fiuto — rispose lo sceicco, la cui voce tremava.

— Posso tirare?

— No, aspettate che si avvicini maggiormente; per ora è ancora troppo lontano.

Il leone, piantato fieramente in mezzo alla radura, continuava a guardare il baobab, dando qualche segno d’impazienza.

Forse stava per avanzarsi, quando la sua attenzione fu attirata da un lieve stormire di rami. La povera giraffa, spaventata, stava per aprirsi il passaggio fra i cespugli e affidarsi alla rapidità delle proprie gambe.

Se riusciva ad evitare lo slancio del leone poteva ritenersi salva, possedendo dei garretti solidi che sfidano quelli dei migliori cavalli.

Il leone, avvertendo il fremere dei rami, si era voltato rapidamente, poi aveva preso quella posizione che è familiare ai felini, quando si preparano a slanciarsi.

La giraffa lo aveva scorto, essendo più alta dei cespugli che la nascondevano. Sentendosi perduta, con un salto straordinario varcò le piante e si slanciò a tutta velocità verso il bosco, passando a cinquanta metri dal baobab.

Il leone spiccò due salti, poi col terzo piombò addosso alla fuggiasca, cadendole sulla groppa.

In quello stesso momento quattro colpi di fucile rintronarono nella foresta. La giraffa, colpita da qualche palla, cadde, rovesciando al suolo il leone, poi si rialzò fuggendo velocemente in mezzo agli alberi.

Anche il leone si era alzato, ruggendo spaventosamente. Do-