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180 | emilio salgari |
— Io desidererei un piacere da voi — disse lo sceicco, esitando.
— Sarei pronto a pagarlo con avorio in abbondanza e con animali.
— Spiegati — disse Ottone.
— Da diversi mesi due leoni ferocissimi si sono stabiliti nel bosco che si stende al sud della città e decimano il bestiame dei nostri pastori. Nessuno dei miei uomini osa assalire più quelle belve, dopo che hanno sbranato sette cacciatori.
— E vorresti che noi ti liberassimo da quegli incomodi vicini?
— Sì — rispose l’arabo.
— Noi lo faremo — disse Ottone. — È vero, Matteo?
— Una partita di caccia non mi rincresce — rispose il greco.
— Verrò anch’io — disse El-Kabir.
— Ed io vi guiderò — aggiunse lo sceicco. — Quantunque io sia vecchio, so adoperare il fucile abbastanza bene ed il coraggio non mi manca. Voi fisserete quanti denti d’elefanti dovrò darvi e quanto bestiame.
— Noi non desideriamo nulla — disse Ottone. — Dovete aver sofferto danni già gravi durante l’assalto per privarvi di una parte delle vostre ricchezze. D’altronde noi non sapremmo cosa farne dei denti e del bestiame, non potendo caricare soverchiamente il pallone.
— Come potremo allora sdebitarci verso di voi?
— Non ne parliamo più — disse Matteo. — A noi basta la vostra riconoscenza.
«Dimmi invece quando andremo a scovare i due leoni.
— Questa sera, al levarsi della luna — rispose lo sceicco.
— Durante il giorno i leoni rimangono nascosti in una foresta spinosa che non possiamo forzare.
— A questa sera — dissero i due europei.
Lo sceicco, per dimostrare la sua riconoscenza, rimase l’intera giornata nella capanna, facendo servire rinfreschi e birra in quantità e obbligando gli ospiti ad accettare parecchi vasi di burro fresco, una considerevole quantità di frutta e anche due piccole capre, che furono portate sul treno aereo.