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il treno volante 179


— Una ventina.

— Era seguito da una carovana numerosa?

— Aveva cento negri armati di fucili a retrocarica e molti asini e cavalli. Non si fermò che due sole ore per provvedersi di viveri, poi ripartì verso l’ovest. Mi parve che avesse molta fretta.

— Dove credi che sia ora?

— Avrà già attraversato anche il Tanganika.

— Ha qualche stazione sul lago?

— Ne ha due: una a Kirando e l’altra più al sud verso Mokaria.

— Non ha detto dove si recava?

— Nel Kassongo, a fare acquisti di denti d’elefante — rispose lo sceicco.

— Sai dirmi se è vero che nel Kassongo si trova un uomo bianco? — chiese Matteo.

— Un europeo!... — esclamò lo sceicco, guardandolo fisso.

— Ma sì, vi deve essere — rispose poi.

— Chi te lo ha detto? — chiese El-Kabir.

— L’anno scorso si è fermato qui alcuni giorni un uomo dalla pelle bianca, coi capelli e la barba bionda, che si diceva inglese.

«Era accompagnato da dieci negri armati e da venti portatori.

«Mi aveva detto che voleva esplorare le coste occidentali del lago e possibilmente spingersi nel Kassongo.

«Alcuni mesi più tardi, da una carovana che veniva dal lago, mi fu narrato che la scorta di quell’uomo era stata trucidata.

— Anche l’inglese?

— Mi pare che non abbiano parlato dell’uomo bianco.

— Ecco quanto volevamo sapere — disse Ottone. — Non chiedevamo di più.

— Volete partire? — chiese l’arabo, vedendoli alzarsi.

— Questa sera — rispose Ottone.

— Gli uomini bianchi sono valenti e sanno adoperare a meraviglia le loro armi — disse l’arabo.

— E cosa vuoi conchiudere?