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— Sì — rispose Ottone. — Per aver notizie di Altarik. Che siano suoi amici questi?

— Tutt’altro, essendo Altarik un loro concorrente nel commercio dell’avorio.

In quel momento si videro comparire alcuni arabi. Stavano seminascosti sulle porte delle capanne, spiando il treno volante, il quale continuava a volteggiare sopra la vasta piazza del mercato.

— Amici! Amici! — gridò El-Kabir in arabo. — La salute sia con voi e che Maometto vi protegga! Noi siamo i vostri salvatori.

Uno sceicco, riconoscibile per il turbante verde che gli copriva il capo e pel suo ampio mantello bianco rigato in rosso, si fece innanzi, inoltrandosi sulla piazza del mercato.

S’inginocchiò toccando la polvere con la fronte, poi alzando le braccia verso gli aeronauti, gridò:

— Chiunque voi siate, figli del sole o della luna, gli arabi di Mongo vi salutano e vi ringraziano di averli liberati dalle orde di Nurambo. Degnatevi scendere e noi vi mostreremo la nostra riconoscenza.

— Aspettateci — rispose El-Kabir.

Mentre Ottone sacrificava un po’ di gas, quantunque molto a malincuore, altri arabi, incoraggiati dall’esempio dello sceicco, erano usciti sulla piazza.

Molti invece, accortisi della scomparsa dei guerrieri di Nurambo, ormai lontanissimi, erano accorsi verso il nord della città, per spegnere l’incendio, il quale minacciava di distruggere tutti i quartieri.

Il Germania, forzato anche dalle eliche, si abbassava lentamente. Giunto a cinquanta metri dalla piazza, Matteo gettò l’àncora, quindi la scala.

Gli arabi subito s’impadronirono dell’una e dell’altra, avendo già compreso a cosa dovevano servire quelle funi.

El-Kabir, Matteo ed il tedesco, armatisi di fucili e di rivol-