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il treno volante 153


Una palla colpì il morto, e, non avendo gli arabi che dei fucili pessimi, la palla non riuscì ad attraversare il corpo, lasciando così illeso il coraggioso zanzibarese.

Il tedesco, dal canto suo, aveva aperto un fuoco accelerato tirando in tutte le direzioni. Le sue palle spaccavano i rami degli alberi e spazzavano il terreno su una vasta estensione, impedendo agli arabi di fare qualsiasi mossa offensiva.

Il negro, sentendosi validamente appoggiato, si arrampicò sollecitamente sul pendìo e, giunto sulla cima della rupe, precipitò giù il cadavere, salvandosi dietro il muricciuolo.

— Grazie, amico — disse Ottone, prendendo il fucile. — Tu sei un valoroso.

— Un’impresa facile, come avete veduto — rispose con noncuranza lo zanzibarese.

— Che poteva costarti lo vita.

— L’ho riportata salva.

— A te il tuo fucile e dammi il mio. Se gli arabi vorranno tentare l’assalto, avranno ora molto da fare. Con due fucili semineremo la morte nelle loro file.

— Ci assedieranno, signore.

— E noi sosterremo gagliardamente l’assedio, mio caro... come ti chiami?

— Riondo, signore — rispose il negro.

— Ebbene, mio valoroso Riondo, noi terremo testa all’assedio.

— E poi?

— Il mio treno volante verrà a raccoglierci.

— Sempre la stessa certezza.

— Conosco troppo i miei amici per pensare a un tradimento da parte loro. Ah, guarda, Riondo!

— Cosa, signore?

— Non scorgi un punto nero avanzarsi sul cielo dal nord? — chiese Ottone con voce alterata.

— Sì, signore.

— È il pallone!