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144 | emilio salgari |
e si trascinarono alle ginocchia dei banditi, implorando grazia; invano però, che cadevano al suolo vigliaccamente sgozzati e fulminati a bruciapelo.
«Il sangue scorreva a fiotti; non era più un combattimento; era un atroce macello. Si sgozzavano i portatori con una ferocia incredibile.
«Il signor Penrose non aveva perduto la testa. Si era addossato ad un albero, e, circondato dai suoi zanzibaresi, fra i quali mi trovavo anch’io, teneva fronte agli assalitori, scaricando incessantemente il fucile.
«Ad ogni colpo un uomo cadeva; ma i nemici per questo non scemavano, accorrendone sempre di nuovi.
«Quella resistenza rendeva furiosi i Ruga-Ruga. Ci piombavano addosso da tutte le parti, chiudendoci in un cerchio irto di lance e di fucili.
«Penrose continuava a lottare; ma i suoi zanzibaresi gli cadevano intorno.
«Io, colpito da una palla, caddi a mia volta, ferito in una coscia. Ebbi la presenza di spirito di fìngermi morto.
«Il signor Penrose era rimasto solo. Aveva ricevute parecchie frecce; pure resisteva ancora, abbattendo nuovi nemici.
«Finalmente una palla gli spezza un braccio e la carabina gli sfugge. Lo vidi cadere; aveva dieci frecce infisse nelle carni.
«I Ruga-Ruga, vedendo che era ancora vivo, gli furono addosso facendolo a brani a colpi di scure; poi gettarono quei miseri avanzi nel bosco a pasto delle iene e degli sciacalli.
«Tutto fu portato via da quei banditi: casse, balle di mercanzia, armi, perfino le vesti che indossava il signor Penrose.
— E tu come hai potuto sfuggire alla morte? — chiese Ottone, il quale aveva ascoltato con viva commozione quel racconto.
— Avevo provato un dolore così forte da perdere i sensi. I Ruga-Ruga, credendomi morto, non si occuparono di me.
«Quando tornai in me ero solo in mezzo a tutti quei cadaveri.
«Mi trascinai penosamente presso un albero e, facendo sforzi sovrumani, mi misi in salvo fra i rami per non venir divorato