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il treno volante | 141 |
— Sono fuggito dalla stazione di Altarik perchè volevano farmi prigioniero. Sono delle canaglie quegli arabi.
— Tutti cattivi, signore. Come vi sentite?
— Sto benissimo e non desidero che di uscire per cercare il mio pallone.
— Un pallone?
— Sai cos’è?
— Ne ho veduto uno anni or sono a Zanzibar — rispose il negro.
— Ciò mi dispensa dal darti maggiori spiegazioni. Sappi dunque che un negro mi ha tradito mentre cacciavo gli elefanti e che i miei compagni hanno dovuto sottrarsi all’attacco degli arabi. Non devono tuttavia essere andati molto lontani e aspetto il loro ritorno.
— Volete che andiamo a vedere se si scorgono?
— È quello che volevo proporti — rispose Ottone. — Ho fretta di andarmene per non venire ripreso dagli arabi.
— C’è il fiume tra noi e loro e poi la foresta è folta ed i nascondigli non mancheranno.
— Hai delle armi?
— Un fucile ed una scure, oltre il vostro coltellaccio.
— Andiamo — disse Ottone. — Forse scopriremo il pallone.
Presero le armi e uscirono dalla capanna. Il negro si orientò con le stelle, poi si diresse verso una collinetta boscosa, la quale s’alzava a circa duecento metri dall’abitazione.
— Di lassù domineremo un vasto tratto di paese — disse al tedesco. — Se il pallone torna lo vedremo subito e potremo fare dei segnali senza che possano essere scorti dagli arabi della stazione.
Non era precisamente una collina quella che il negro aveva indicata; era un semplice poggio boscoso, non più alto di cento metri, il quale sorgeva isolato in mezzo alla grande foresta.
L’ascensione fu nondimeno tutt’altro che facile per il tedesco e per il suo compagno, in causa del folto delle piante, degli sterpi e dei cespugli che s’intrecciavano in mille grovigli.