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140 | emilio salgari |
gro di alta statura, muscoloso, con i capelli bianchi ed interamente nudo.
Quell’africano stava curvo sul fascio di foglie, spiando ansiosamente le mosse del tedesco.
— Il mio salvatore? — chiese Ottone, in lingua araba.
— Sì — rispose il negro. — Vi ho salvato dal serpente quando già stava per stritolarvi. Era un rettile spaventoso, uno dei più grossi che io abbia veduti.
— Grazie, amico — disse Ottone, porgendogli una mano. — Tu hai arrischiata la vita per strapparmi dalle spire di quell’orribile serpe. Non credevo di trovare uomini generosi in questo paese popolato dai Ruga-Ruga.
— Io non sono un brigante Ruga-Ruga — rispose il negro, ridendo.
— Allora sarai un negro della stazione araba di Altarik?
— Nemmeno: io sono uno zanzibarese.
— E cosa fai tu qui?
— Sono alcuni anni che mi sono stabilito in questo paese. Facevo parte della carovana del signor Penrose e dopo l’uccisione di quel valoroso esploratore non ho avuto più l’ardire di tornarmene solo alla costa.
— Tu sei stato con Penrose? — esclamò il tedesco, stupito.
— Sì, signore.
— È vero che è morto?
— I Ruga-Ruga hanno distrutta tutta la carovana.
— Mi racconterai questa storia.
— Volentieri, signore.
— E perchè non ti sei rifugiato nella stazione di Altarik?
— Quei cattivi arabi mi avrebbero fatto schiavo.
— Veramente godono fama di essere negrieri — disse Ottone.
— Dimmi ora: hai veduto volare in aria un uccello immenso?
— Non ho veduto nulla, signore.
— E che facevi nella foresta?
— Cacciavo le antilopi. E voi?