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il treno volante 139


Si avanzava a casaccio, non potendo distinguere nulla intorno a se in causa dell’oscurità. Era molto se riusciva ad evitare i tronchi degli alberi, e non sempre: perchè, di quando in quando, incespicava nelle radici e cadeva o batteva la testa contro i rami bassi delle piante, scorticandosi la fronte.

Correva da più di un’ora, ansante, trafelato, quando scivolò su d’una massa vischiosa che stava sdraiata al suolo.

Tentò subito di rimettersi in piedi; invece si sentì avvolgere il corpo da una specie di cilindro ruvido e freddo e sollevare in alto. Un sibilo acuto risonò contemporaneamente ai suoi orecchi.

Mandò un grido di orrore e d’angoscia.

Un grossissimo serpente, che stava appiattato tra le foglie secche, lo aveva preso, avvolgendolo fra le sue spire vischiose.

Il povero Ottone si sentì stringere il petto in modo da mancargli il respiro.

— Aiuto! — gridò, contorcendosi.

Il coltellaccio gli era sfuggito di mano, quindi non aveva alcun modo per difendersi contro l’enorme rettile, il quale continuava a stringere per spezzargli le costole.

Ottone si credeva ormai perduto e stava per abbandonarsi, quando vide una forma oscura balzare fuori da un cespuglio.

Qualche cosa brillò in aria e cadde con sordo rumore sulle scaglie del rettile.

Ottone si sentì spruzzare il viso di sangue, poi non udì nè vide più nulla. L’emozione lo aveva fatto svenire.

XII

Il salvatore

Quando il tedesco tornò in sè, non si trovava più nella foresta, bensì coricato sotto una tettoia, sopra un bel fascio di erbe fresche e profumate.

Uno straccio impregnato di grasso, che ardeva in un angolo facendo le funzioni di una candela, gli permise di vedere un ne-