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il treno volante 131


— Tu! — esclamò Ottone, con stupore.

— Il ricco arabo mi ha comperato, onde tradissi il mio padrone. Vi ricordate della bottiglia che ho lasciata cadere?

— Sì, me ne ricordo.

— L’ho gettata alla carovana che passava e conteneva non già del ginepro bensì una carta con la quale l’avvertivo della direzione del treno aereo. Quegli uomini erano negrieri di Altarik; io li avevo riconosciuti.

— Furfante!

— Vi ricordate quando io volevo discendere al villaggio del Sultano? Se ne avessi avuto il permesso, il vostro viaggio sarebbe terminato là.

— Allora hai ingannato il tuo padrone.

Sokol alzò le spalle, dicendo:

— Un servo si vende a chi meglio paga.

— E cosa pretendi fare ora di me?

— Tenervi prigioniero fino al ritorno di Altarik.

— E se io ti offrissi una somma per lasciarmi libero?

— Non accetterei.

— Per quale motivo?

— Perchè spero, tenendovi prigioniero, di prendere anche i vostri compagni.

— Ah, birbante! — esclamò il tedesco, saettandolo con uno sguardo sprezzante. — Sei più vile di Giuda.

— Non so chi sia questo Giuda, ma se era da meno di me, vuol dire che sono più abile di lui.

— Ti ucciderò! — gridò il tedesco, al colmo dell’esasperazione.

— Provatevi.

— Matteo ed El-Kabir non mi lasceranno nelle vostre mani.

— È quello che desideriamo.

— Tu non sai di quali mezzi dispongono i miei amici. Hanno delle bombe che possono distruggere una città in pochi minuti.

— Allora ammazzeranno anche voi. Buona notte, padrone; vado a sorvegliare il vostro pallone.