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il treno volante 116


Uno scimpanzè era salito sul parapetto e si preparava a scagliare una cassa contenente delle scatole di carne conservata del peso di cinquanta chilogrammi.

Il tedesco, furioso, puntò il fucile ed a rischio di rovinare qualche pallone, fece fuoco.

Il quadrumane, colpito nel ventre, lasciò andare la cassa portandosi ambe le memi sulla ferita. Fece una spaventosa smorfia, strabuzzò gli occhi, mandò un urlo feroce; poi, perduto l’equilibrio, rotolò nel vuoto, sfracellandosi il cranio contro una radice del tamarindo.

I suoi compagni, vedendolo schiacciarsi contro il suolo, scoppiarono in una risata sgangherata e balzarono indietro tenendosi le costole.

— Sono ubbriachi — disse Matteo.

— Che io abbia guastato qualche pallone? — si chiese il tedesco con inquietudine.

— Non mi pare — disse il greco. — La tua palla deve essere passata ad un buon metro dalla tela, a giudicare dalla tua posizione.

Le due scimmie intanto continuavano a ridere a crepapelle; balzavano da una parte all’altra della piattaforma come se fossero impazzite, bevendo le due bottiglie che tenevano in mano.

— Non resisteranno molto — disse El-Kabir. — Il ginepro non tarderà a fare effetto.

— Intanto teniamole d’occhio e se si presentano in buona posizione di tiro, non risparmiamole — disse Matteo.

Sedettero a cinquanta passi dalla scala per non ricevere sul capo qualche cassa o qualche barile, e si tennero pronti a far fuoco; ma i due scimpanzè, spaventati forse dalla disgraziata fine del loro compagno, si guardavano bene dal mostrarsi.

Si erano sdraiati fra le casse e continuavano a ridere ed a schiamazzare, baciando senza posa le bottiglie che tenevano in mano.

Le loro risa però diventavano sempre più fioche. Di quando