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il treno volante 114


— Non abbiamo ancora vinto, mio caro — disse Ottone. — Anzi temo il contrario.

— Ah, sì, vi sono ancora le tre scimmie che si sono rifugiate sulla piattaforma.

— Che taglino la corda dell’àncora? — chiese l’arabo con voce spaventata.

— Tutte le armi sono rinchiuse nella cassa, per nostra fortuna — disse Heggia. — Le ho messe io dentro.

— Hanno i denti ed a quelle bestiacce potrebbe saltare il ticchio di recidere la corda dell’àncora e anche quella della scala.

— Sarebbe la nostra rovina — disse Ottone. — Intanto leghiamo la scala alle radici di quest’albero.

— E poi cosa faremo? — chiese El-Kabir.

— Tenteremo di snidare le scimmie.

— In qual modo? Non vi consiglio di salire.

— E perchè?

— Sono capaci di gettarvi sulla testa le casse che si trovano sulla piattaforma. Queste scimmie sono molto intelligenti e assai astute.

— Eppure bisognerà cacciarle di là — disse Matteo. — Non possiamo rimaner qui eternamente a guardare il nostro treno.

In quel momento una bottiglia, alla quale era stato rotto il collo, cadde a pochi passi da loro, spandendo intorno un acuto odore di ginepro.

— Oh! — esclamò Matteo. — Le nostre scimmie hanno aperta la cassa delle bottiglie e stanno ubriacandosi!

— È quello che desideravo — disse Ottone. — Quando saranno bene ubbriache, si addormenteranno; e potremo facilmente gettarle giù dalla piattaforma.

— Purchè non gettino in vece giù tutte le nostre casse e guastino le macchine ed i palloni! Una scimmia ubbriaca è dotata di tale forza che può essere capace di tutto.

— Se ci provassimo a sorprenderle? — chiese El-Kabir.

— In quale modo?