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taforma; gli altri invece, scorgendo gli aeronauti, si erano raggruppati ruggendo e mostrando i loro lunghi denti.

— Fuggite! — gridò l’arabo.

— Mai! — rispose il tedesco. — Io non ho paura delle scimmie.

— Sono così robuste da lottare vantaggiosamente contro due uomini e ne abbiamo cinque dinanzi.

— Con una scarica pareggeremo il numero.

Il tedesco puntò risolutamente il fucile e lo scaricò sul muso del più vicino; lo scimpanzè cadde con la fronte fracassata, facendo parecchi capitomboli e mandando acute urla che avevano qualche cosa d’umano.

Gli altri quattro, invece di fuggire, si scagliarono coraggiosamente contro gli aeronauti.

Uno si gettò contro l’imprudente tedesco, rovesciandolo al suolo quasi senza sforzo. Stava per strappargli la pelle del volto, quando una palla sparata dal greco lo fulminò.

Gli altri tre avevano assalito l’arabo ed i due negri. Il primo, con un colpo di mauser, mandò l’assalitore a cadere nel fiume col petto traforato.

I due negri invece, spaventati, anche perchè non avevano armi da fuoco, evitarono l’attacco, salvandosi dietro l’enorme tronco del tamarindo.

I due scimpanzè s’erano slanciati dietro di loro, facendo salti indiavolati per raggiungerli.

Però Matteo e il tedesco avevano veduto il pericolo che correvano i negri ed avevano ricaricate le armi.

Due colpi di fucile rimbombarono e uno degli scimpanzè cadde per non più alzarsi.

Il suo compagno per un momento fece fronte ai due europei che gli correvano addosso impugnando i fucili per la canna, poi, preso dalla paura, scomparve nel bosco, urlando e ruggendo

— Che strage! — esclamò Matteo. — Non credevo che la vittoria ci arridesse così facilmente.