Pagina:Salgari - Il treno volante.djvu/114


il treno volante 110


I due europei puntarono i fucili mirando attentamente. Stavano per far fuoco, quando i due coccodrilli di comune accordo si inabissarono, non lasciando vedere che l’estremità dei loro musi.

— Non credevo che fossero così astuti — disse Ottone rialzando il fucile.

— Torneranno a mostrarsi — rispose Matteo.

— Che ci guastino l’ippopotamo?

— Di questo sono certissimo. Penso però che l’animale è così grosso che per noi ne resterà sempre abbastanza.

— Proviamo a rompere l’estremità di quei musi.

— Sprecheresti inutilmente le tue palle.

— Voglio provare. Forse si spaventeranno e prenderanno la fuga.

Il tedesco, vedendo che un muso ricominciava ad emergere, abbassò nuovamente il fucile e lo prese di mira.

Il colpo partì. Il coccodrillo, colpito proprio all’estremità del muso, balzò quasi tutto fuori dell’acqua, mostrando il suo ventre giallastro.

Matteo, che già mirava, gli mandò una palla in pieno petto, là dove non vi erano le piastre ossee.

Il sauriano, ferito a morte, si contorse come un serpente, mandando un muggito prolungato, poi ricadde addosso all’ippopotamo, dimenando spaventosamente la coda e agitando pazzamente le mascelle.

I due cacciatori, che avevano ricaricate subito le armi, approfittarono per mandargli altre due palle nei fianchi.

Il sauriano si stese quanto era lungo, un tremito lo prese, spalancò la bocca, agitò le zampe, poi s’irrigidì. Era morto.

Il compagno, spaventato, si era di già immerso nuotando verso un banco di sabbia che si trovava lontano cinquecento metri.

— Eccoci sbarazzati di quei due importuni — disse il tedesco con tutta flemma. — Ora possiamo pensare al nostro ippopotamo.

— Qual’è la parte migliore?

— La coscia — rispose Matteo.