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104 | emilio salgari |
nel folto di quelle superbe piante, aprì le valvole per lasciar sfuggire ancora un po’ di gas, trovandosi il dirigibile troppo alto, e mise in moto le eliche.
Condensandosi anche l’idrogeno, il treno aereo cominciò ad abbassarsi con notevole velocità e si trovò presto sopra il fiume che era largo più di trecento metri e cosparso d’isolette coperte di felci arborescenti e di mazzi immensi di bambù di varie specie.
Sokol aveva già gettato l’àncora, ma, non avendo misurato esattamente la distanza, questa si era immersa nelle acque del fiume.
— Ci ancoreremo sul fondo — osservò Matteo. — È necessario tirarla un poco.
Il negro stava per obbedire, quando il Germania subì una scossa così forte da piegarsi innanzi. Quasi nell’istesso momento si udì, verso il fiume, un alto muggito.
— Che cosa è avvenuto? — si domandò Ottone, con inquietudine.
— Ci siamo ancorati sul fondo del corso d’acqua?
— O abbiamo preso all’amo qualche animale? — si chiese l’arabo. — Ho udito il muggito di un ippopotamo.
Si erano slanciati tutti verso il parapetto, mentre il treno aereo continuava a subire scosse pesantissime senza guadagnare un solo metro.
La corda dell’àncora era estremamente tesa e nel luogo ove si era immersa, si vedeva l’acqua agitarsi fortemente e la schiuma tingersi di rosso.
— Noi abbiamo ferito qualche grosso animale — disse Matteo.
— Non vedete che l’acqua è insanguinata?
Si udivano dei muggiti sempre più rabbiosi; pareva che una truppa di tori si trovasse sotto il fiume.
— Abbiamo dato dentro ad un ippopotamo! — esclamarono i due negri e l’arabo.
— Che la nostra àncora l’abbia ramponato? — tornò a domandare Matteo.
— Certo, perchè l’àncora tiene fermo — disse Ottone. — Non vedi che il nostro treno aereo non guadagna un passo?
— Come faremo a sbarazzarci di quell’animale?