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6 emilio salgari

e del continente nero e dove vivono, più o meno in armonia o discordia, Portoghesi e Inglesi, Persiani e Indiani, Arabi, Somali e Negri di ogni sorta di tribù.

Due europei, dalla prora della nave, osservando con vivo interesse la città che si presentava tutta intera dinanzi ai loro occhi, si scambiavano le loro impressioni.

Erano due tipi assolutamente diversi, sia per statura, sia per lineamenti e anche per l’accento, molto diverso, e sebbene parlassero entrambi la lingua francese abbastanza correttamente, si indovinava che erano di razze distinte.

Il più anziano, il quale poteva avere quaranta o quarantacinque anni, era uomo di alta statura, mingherlino, con baffi e capelli biondi, la pelle molto pallida e gli occhi riparati da occhiali azzurri: un vero tipo di tedesco o di danese.

L’altro, invece, era di statura bassa, grassoccio, muscoloso. Appariva più giovane di dieci o dodici anni, col profilo regolarissimo, la pelle assai bruna, gli occhi neri e vivacissimi e la barba ed i capelli più neri delle ali dei corvi.

Mentre l’altro pareva freddo e compassato come un inglese, l’ometto grassotto sembrava dotato di quella vivacità straordinaria e di quelle irrequietezze caratteristiche delle razze meridionali.

— Finalmente! — esclamò l’uomo biondo, vedendo delinearsi il palazzo del Sultano e la città commerciale. — Ne avevo fino sui capelli di questa navigazione.

— Preferisci navigare fra le nuvole, tu, Ottone — disse l’ometto grasso.

— Sì, Matteo: io sono nato aeronauta e non marinaio come te.

— Noi altri greci siamo tutti uomini di mare, mentre voi tedeschi siete tutti scienziati — disse il compagno ridendo.

— Tu hai detto una grande verità — rispose il tedesco, accomodandosi gli occhiali.

— Vedremo però se ti troverai meglio di qui quando saremo nel centro dell’Africa.

— Quando sono nel mio dirigibile, non temo nulla e mi trovo come in casa mia.