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— Marinaio, — esclamò Cardozo, che guardava con un certo terrore la prateria che pareva gli volasse incontro.

— Presente, — rispose il mastro.

— Mi sembra che la mia testa giri.

— Sta saldo, figliuol mio! Non accadrà nulla... la prateria è soffice!... Attenzione!...

I cento metri sparvero in un lampo. L’aerostato s’immerse fra le grandi erbe, che raggiungevano l’altezza di due metri. L’estremità inferiore si schiacciò, allargandosi sui fianchi, quasi da scoppiare. Rimase un istante immobile: quel momento bastò.

— A terra! — tuonò il mastro.

Due corpi rotolarono fra le erbe, ma uno rimase fra le maglie della rete.

Il pallone, scaricato di quel peso, fece un salto in aria, portando con sè l’uomo che non erasi lasciato cadere a tempo e che si dibatteva disperatamente, come se cercasse sbarazzarsi da qualche legame.

Un grido echeggiò nell’aria:

— Ajuto!... Ajuto!...

I due corpi che erano stramazzati fra le erbe si risollevarono prontamente: erano il mastro e il giovane Cardozo.

— Signor Calderon! — esclamarono.

Ma il signor Calderon ormai più non li udiva. Il pallone non era più che un punto oscuro, che spariva rapidamente verso il sud.

— Gran Dio!... — esclamò il mastro.

— È perduto! — esclamò Cardozo.

— No perduto, poichè lo ritroveremo, mio figliuolo.

— In cammino, Diego!...

— Là!... Là!... Non facciamo sciocchezze, ragazzo mio. Inseguire il pallone sarebbe una pazzia, e poi siamo tanto scombussolati che ci dovremmo arrestare a qualche miglio di qui.

— Ma perchè non è disceso al tuo comando?

— Perchè si era imbrogliato fra la rete. Mi pare che avesse le gambe dentro le maglie.

— E dove andrà a finire ora?