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— Brutto segno, — disse il mastro, scuotendo il capo. — Qui deve essere successo qualche combattimento.
— Fra chi? — chiese Cardozo.
— Forse fra gli indiani e i proprietari del corral. Ah!... Un morto!...
— Dove?...
— Laggiù in mezzo a quel gruppo di cactus.
Cardozo guardò nella direzione indicata e scorse in mezzo alle piante un cadavere completamente denudato e in parte scarnato dagli uccelli di rapina. Giaceva su di un fianco e la sua testa pareva che fosse stata schiacciata da una poderosa clava, non presentando che una informe massa di sangue, di brani di cervello e di capelli.
— È un bianco, — disse Cardozo.
— Forse un gaucho — rispose il mastro, che erasi fatto pensieroso.
— Assassinato da chi?
— Dagli indiani, e sono certo di non ingannarmi.
— Come lo sai?
— La sua testa è stata spaccata da una bola perdida, e quest’arma non la possiede che l’indiano.
— Com’è questa bola perdida? Ne ho udito parlare vagamente altre volte e con un certo terrore.
— È un pezzo di pietra terminante il più delle volte in una punta, avvolta in un lembo di pelle e che l’indiano lancia a guisa di fionda, servendosi di una corda di tendini di struzzo e di guanaco intrecciati, lunga un metro. Talvolta invece di essere di pietra è di metallo bianco, che viene tenuto sempre molto lucido per poterlo trovare più facilmente fra le erbe. Sia di pietra o di metallo, è sempre un’arma terribile nelle mani dei guerrieri rossi, i quali con essa, a cinquanta o sessanta metri di distanza, fanno scoppiare la testa del nemico come una semplice zucca.
— L’adoperano anche per la caccia?
— No: per la caccia degli struzzi hanno il chumè, che è formato di due palle più piccole, e per quella del guanaco il yachicho, che ne ha tre. Per prendere invece i cavalli