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Studi più coscienziosi e più recenti hanno modificato in parte tutte quelle dicerie, non escludendo però che, ad una grande elevazione, la morte possa colpire l’aeronauta.
Secondo queste osservazioni, si notò che i primi fenomeni del male degli aeronauti si manifestano a 2150 metri, altezza corrispondente all’altipiano del Messico. La pressione è di 590 millimetri, e il polso batte 70 volte al minuto.
A 4150 metri la pressione è di 450 millimetri, e il polso batte 84 volte al minuto; si manifesta un principio di nausea, il ventre comincia a gonfiarsi, si provano delle vertigini e si sente la faccia in congestione.
A 6000 metri il polso, strano fenomeno, ridiscende a 70; si prova uno sbalordimento, la vista si offusca, le forze cominciano a mancare, si pena assai a muovere anche la sola testa, la lingua si paralizza.
A 7000 si cade svenuti, se non si hanno canne d’ossigeno; a 8000 il sangue spiccia dalle labbra e si muore uccisi talvolta anche dal freddo, che a quell’altezza è veramente terribile.
Fortunatamente il signor Calderon, che, quantunque semisvenuto, conservava ancora un po’ di lucidità, colle ultime parole aveva impedito al pallone di salire a quell’immensa altezza, dove tutti e tre avrebbero certo trovato la morte.
Il mastro, che, essendo più vigoroso degli altri, aveva più resistito alla terribile prova, anche nella caduta non aveva abbandonato la funicella, lasciando così sfuggire il gas. Il pallone, dopo di essere salito per alcuni metri ancora, aveva ricominciato la discesa con una rapidità così notevole che tre o quattro minuti dopo si trovava a soli cinquemila metri.
Quel ritorno nelle regioni dell’aria respirabile produsse pronti e meravigliosi effetti. Il mastro, che pochi minuti prima pareva morto, ben presto si scosse, si stropicciò gli occhi, aprì le mascelle, aspirando rumorosamente l’aria, poi si rizzò sulle ginocchia, guardando i compagni, che pareva dormissero tranquillamente.
— Oh!... — esclamò egli con stupore. — Sono morto, o vivo?... Se non mi trovassi ancora in questa navicella col