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sotto e sopra scariche violentissime, le une secche secche e le altre lunghe, interminabili, si succedevano con rapidità straordinaria, assordando gli aeronauti.
— Diego! — esclamò Cardozo, che cominciava ad aver paura, non vedendo più nulla attorno a sè, tanto era fitta la nebbia. — Dove sei?
— Sono qui, figliuol mio, — rispose il mastro con voce leggermente tremula e che indicava come anche lui non fosse tranquillo.
— Ma dove siamo noi? Non vedo più nulla.
— Siamo entrati nelle nubi, — rispose una voce, che fu riconosciuta per quella del signor Calderon.
— Nelle nubi! — esclamò Diego. — Ma questa nebbia non bagna, signore!
— Avviene di rado che nelle regioni dell’aria il vapore acqueo sia umido, — rispose l’agente. — Saliamo?
— Sempre, signore, — rispose Cardozo.
D’improvviso la nera massa, che pareva si agitasse rapidamente, si illuminò tutta d’una luce vivissima, e una immensa lingua di fuoco la solcò dall’alto in basso, seguìta da una acuta detonazione, che fece oscillare violentemente l’aerostato e le corde della navicella.
— La folgore! — esclamò il mastro impallidendo. — Dio ci protegga!
— Scendiamo, Diego! — disse Cardozo.
— No! — esclamò l’agente del Governo, che anche in quel terribile frangente conservava la sua abituale calma. — Più su, più su.
— Ma il pallone si squarcerà, signore!
— Tanto peggio!... Se si deve...
Uno scoppio violentissimo soffocò la sua voce. Cardozo mandò un grido.
— Cosa succede? — chiese il mastro, che provò una stretta al cuore. — È il pallone che scoppia?
Tre o quattro lingue di fuoco balenarono a destra e a sinistra e sparvero nel seno delle nubi, lasciandosi dietro delle emanazioni asfissianti. Una detonazione spaventevole,