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così violenta da paragonarsi allo scoppio simultaneo di parecchi pezzi d’artiglieria.
Il mastro, che stava per afferrare i sacchetti, si arrestò titubante.
— Signore, — disse, volgendosi verso Calderon, — se io getto tutta questa zavorra, noi salteremo sopra le nubi.
— Lo so, — rispose l’agente.
— Non verremo fulminati nell’attraversarle?
— Chi lo sa?
— Dunque?
— Lo stesso pericolo lo corriamo anche qui.
— Ma...
Un’altra ondata si slanciò verso la navicella e la scosse violentemente. Il mastro non esitò più.
— Gettiamo, Cardozo!
Afferrarono i sacchi e li lanciarono in mare.
— Saldi in gambe! — gridò l’agente.
Il pallone, alleggerito bruscamente di oltre cento chilogrammi, fece un balzo immenso e s’innalzò con vertiginosa rapidità verso le nubi.
— Diego! — esclamò Cardozo, che si teneva aggrappato con disperata energia alle corde. — Mi manca il respiro!
— Tieni saldo, ragazzo... — rispose il mastro.
— Che si rovesci il pallone?
— Non temere: salirà senza malanni.
— Non vedo più il mare.
— Tanto meglio!
Il pallone, semi-rovesciato dall’impeto del vento che ruggiva e fischiava attraverso la rete e le corde, saliva sempre, facendo ondeggiare disordinatamente la navicella, la quale in certi momenti pareva che fosse lì lì per rovesciarsi. Ora pareva che stesse per arrestarsi e rallentava l’ascensione, ma poi, come se avesse ripreso nuove forze, balzava attraverso le tenebre con improvvisi salti che spostavano le casse e i barilotti dei viveri, rovesciando gli uomini gli uni addosso agli altri.
Ad un tratto una fittissima nebbia lo avvolse tutto; mentre