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— Purtroppo, figliuol mio, — rispose il mastro, che era diventato pensieroso. — Il gas sfugge attraverso i fori del tessuto, nè vedo alcun mezzo per arrestarlo.

— E la tempesta ci è alle spalle!

— Non inquietarti, Cardozo. Finchè abbiamo della zavorra da gettare non corriamo alcun pericolo.

— Ma l’uragano può portarci assai lontani, marinaio, e chissà poi se riusciremo a raggiungere le coste americane.

— Conto sull’incontro di qualche nave.

— Ma siamo in una regione che è poco battuta dai navigli.

— Lo so, ma possiamo incontrare qualche baleniere in rotta per le regioni antartiche. Ah!

— Cos’hai?

— Guarda laggiù!... Ancora quel dannato mostro che ci ha fatto salassare il pallone.

Infatti a quattro o cinque miglia verso l’est si vedeva emergere sulle onde una enorme massa nerastra, la quale gettava in aria delle nuvolette, emettendo contemporaneamente delle potenti note metalliche che parevano prodotte da una impetuosa colonna d’aria cacciata dentro un tubo di bronzo.

— È una balena senza dubbio, — disse Cardozo.

— No, deve essere invece un capodolio, poichè vedo una sola colonna di vapore. Un brutto mostro, figliuol mio, specialmente quando è irritato.

— Si avvicina molto rapidamente a noi.

— Fra pochi minuti sarà qui, poichè si dice che balene e capodogli percorrano la bagattella di seicentosessanta metri al minuto.

— Impiegano poco tempo allora a fare il giro del mondo.

— Un capitano baleniere, sotto i cui comandi feci una campagna, mi disse che basterebbero quarantasette giorni, seguendo l’equatore, supponendo che dodici ore al giorno siano sufficienti pel riposo, e sole ventiquattro per andare da un polo all’altro.

— Hai pescato delle balene adunque?

— Ne ho ramponata una presso il capo Horn, che aveva ventidue metri di lunghezza.