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S’avvicinò all’agente del Governo e gli battè leggermente sulla spalla.
— Cosa desiderate? — gli chiese Calderon senza volgersi.
— Sapete, signore, che noi discendiamo?
— Lo so... — rispose l’altro sempre calmo.
— E non vi spaventa ciò?
— Forse che io ho un mezzo per innalzarci?
— No, ma...
— Quando il sole comincerà a scaldarci, il gas si dilaterà e supereremo i tremila metri.
— Dite il vero, signore?
L’agente alzò le spalle e non rispose.
— Hum! Che razza di orso è quest’uomo! — brontolò il mastro. — Il capitano già lo vedeva come il fumo negli occhi, e aveva i suoi buoni motivi. Ma bah! Si addomesticherà.
Si avvicinò a Cardozo e lo svegliò. Il ragazzo si stropicciò gli occhi, si stirò le membra e balzò agilmente in piedi.
— Ah! Sei tu, mio buon Diego! — esclamò. — Io sognavo di essere a casa mia, anzichè in questo pallone. Ah! Il sole è finalmente spuntato! E dunque, dove siamo? Si vede la costa?
— Dove ci troviamo non te lo saprò mai dire, poichè non credo che qui ci sia un ottante per fare il punto; la costa poi credo sia tanto lontana ch’è meglio non pensarci, almeno per ora.
— Sicchè la flotta degli alleati?...
— È scomparsa.
— L’avesse almeno inghiottita il mare.
— Io dico invece che naviga allegramente portando con sè le spoglie del povero Pilcomayo. Ma lasciamo andare quei birbanti e cerchiamo invece di porre sotto i denti qualche crosta di pane. Io spero che il capitano avrà pensato anche al nostro stomaco.
— Cerchiamo, Diego. Vedo qui una quantità di sacchi e sacchetti e casse, che qualche cosa di utile devono contenere.
— Faremo l’inventario.