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sere stanco, e lascia a me la cura di vegliare. Se avrò bisogno delle tue braccia ti sveglierò, non temere.

— Ti ubbidisco; ma quando sorgerà l’alba tirami le gambe.

— Te lo prometto, figlio mio. Sdraiati sopra quei sacchi di zavorra e dormi tranquillo, chè per ora non c’è alcun pericolo.

Cardozo, che faticava assai a tenere gli occhi aperti, si gettò sui sacchi, si avvolse in una coperta per ripararsi dal freddo che si faceva sentire assai acuto a quell’altezza, e non tardò ad addormentarsi. Diego, dopo aver dato uno sguardo alla bussola e uno al barometro, che indicava sempre un’altezza di tremila metri, si cacciò in bocca un pezzo di tabacco e si appoggiò al bordo della navicella, guardando le fitte tenebre che si estendevano sopra l’oceano.

Un silenzio quasi perfetto regnava attorno al pallone, il quale continuava la sua rapida corsa con un dondolamento appena sensibile. Non si udivano nè il muggito delle onde, che forse il vento che regnava in quelle alte regioni lasciava tranquille, nè alcuna detonazione che indicasse la vicinanza della flotta alleata, nè alcun rumore che segnalasse il passaggio di qualche battello a vapore, nè una voce umana, nè un grido di uccello qualsiasi.

E se il silenzio era profondo, l’oscurità non lo era meno.

Fitte tenebre avvolgevano la superficie della terra, che pareva ormai completamente scomparsa, nè appariva, per quanto il mastro aguzzasse gli occhi, alcun lume in nessuna direzione, che indicasse la presenza o di una costa o di un essere umano qualsiasi. Solo sopra il pallone scintillavano superbamente gli astri a milioni e milioni, fra cui spiccava vivamente quell’ammirabile Croce del Sud, che nello emisfero meridionale indica il Polo Antartico.

A poco a poco però verso l’est cominciò a manifestarsi un vago chiarore, che ben presto fece impallidire gli astri e fugare le tenebre. Giù in fondo, verso la terra, cominciò ad apparire una superficie bruna dapprima, azzurra poi, che