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D’improvviso un gran lampo fendette le tenebre salendo alto e lanciando per ogni dove dei punti luminosi, seguìto a breve distanza da un cupo rimbombo che durò qualche minuto, poi tutto tacque e tutto divenne oscuro.

Mastro Diego e Cardozo, che avevano seguìto le diverse fasi della battaglia col cuore stretto e la fronte madida d’un freddo sudore, si risollevarono, guardandosi fissamente in viso.

— Sono saltati, — disse il mastro con viva emozione.

— Lo credi? — chiese Cardozo, sui cui occhi tremolava un lagrimone.

— Lo temo.

— Ma può essere saltata una nave nemica.

— No, poichè non avrebbero taciuto le artiglierie.

— Ah! Potessimo saperlo!

— Il vento ci allontana rapidamente, e quando spunterà l’alba chissà quanto saremo lontani dalla foce del Rio della Plata.

— Ma un giorno sapremo bene la sorte toccata ai nostri disgraziati compagni.

— Lo spero, purchè noi non siamo più disgraziati di loro.

— Cosa intendi di dire, Diego?

— Non voglio lasciarti delle illusioni, mio buon Cardozo. Non voglio nasconderti che noi ci troviamo forse in peggiori condizioni dei nostri compagni.

— Perchè?

— Sai tu dove finiremo noi? Il mare ci sta sotto e forse ci inghiottirà.

— Ma non corriamo verso la costa americana?

— Per ora no; il vento ci porta verso il sud.

— Ma possiamo incontrare una nave e scendere. Non hai mai manovrato simili navigli?

— Mai, Cardozo.

— E il signor Calderon?

— Credo che ne sappia quanto me.

— Pure ci sarà un mezzo per scendere.

— Per questo non occorrono grandi cognizioni: basta dare