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Fece un cenno ad alcuni marinai che si erano riuniti ai piedi degli alberi di maestra e di trinchetto. Tosto i due gherlini legati all’anello che si vedeva emergere dalla misteriosa cassa, portata poco prima sul ponte, vennero ritirati, e si vide innalzarsi un pallone, sgonfiato ancora, ma che doveva avere dimensioni enormi a giudicarlo dalla sua lunghezza.

Quando l’estremità giunse quasi a livello degli alberi, un tubo che saliva dalla stiva fu introdotto nell’apertura inferiore, la quale venne sollecitamente legata.

— Aprite la valvola, — comandò il capitano ad un ufficiale.

Si udì un fischio acuto, che pareva prodotto da una violentissima fuga di gas e si vide a poco a poco il pallone gonfiarsi con un dondolamento marcatissimo, e tendendo a salire.

— Ma dove avete questo gas? — chiese il signor Calderon, che sembrava eccessivamente sorpreso di quanto vedeva.

— Immagazzinato a forza dentro solidissimi cilindri d’acciaio, che ho portato con me da Boston, — rispose il capitano. — Basta adattare il tubo e aprire il rubinetto: una cosa facilissima, come ben vedete.

— E quando il pallone sarà pronto, cosa farete?

— Faccio entrare nella navicella due o tre uomini dei più fidati e dei più valorosi, affido a loro il tesoro e taglio la fune, — rispose pacatamente il comandante. — Vi assicuro che gli alleati non si prenderanno i milioni.

— Ma neanche il Presidente.

— E perchè no, signor Calderon? Il vento in questa stagione e in questa regione soffia quasi sempre dall’est; il pallone verrà spinto verso terra, passerà sopra le teste degli alleati e andrà a cadere molto lontano. Agli uomini che lo montano non sarà difficile guadagnare il Paraguay.

— Ma se il vento, per una circostanza qualsiasi, cambiasse e lo portasse invece al largo, assai lontano dalla costa?

— Meglio che i milioni cadano in mare, che nelle mani dei nostri nemici. Ora vi prego di lasciarmi tranquillo, onde io sorvegli attentamente il gonfiamento.

L’aerostato si gonfiava rapidamente, assorbendo l’idrogeno