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— Un abile agente del Governo argentino, che era riuscito a guadagnarsi la fiducia del vostro Presidente.
— Ah! — esclamò il mastro, — i miei sospetti erano veri! Ed io, stolto, che lo salvai, invece di abbruciarlo nella prateria; ma giuro a Dio che non morrò finchè non gli avrò immerso nel cuore la mia navaja!
— E lo giuro anch’io, Diego, — disse Cardozo.
— Se lo ritroverete, — disse l’agente argentino con un sorriso ironico. — Orsù, signori, bisogna arrendersi e sborsare i milioni che portate indosso.
— Per poi assassinarci? È così, signore? — chiese il mastro.
— No, e ve ne do la mia parola d’onore.
— I briganti pari vostri non hanno onore.
— Come vi piace. Se depositate i milioni, voi uscirete da qui sani e salvi, e vi faremo imbarcare su di una nave argentina che giungerà in porto domani, onde impedirvi di reclamare verso il Governo chileno, che tutto deve ignorare. Vi si trasporterà in qualche città della nostra repubblica, e al termine della guerra sarete restituiti assieme a tutti gli altri prigionieri.
— E se rifiutiamo?
— Rimarrete qui finchè vi arrenderete.
— Ebbene, in tal caso dovrete aspettare un bel pezzo, poichè nè io, nè Cardozo ci arrenderemo.
— Io credo il contrario.
— Perchè?
— Perchè la fame vi costringerà a capitolare.
Il mastro si slanciò innanzi col coltello in pugno; ma l’agente argentino e i suoi uomini, che si aspettavano senza dubbio quell’assalto, con una mossa rapida si erano gettati fuori della stanza, chiudendo violentemente la porta.
— Vi strapperò il cuore! — urlò il mastro al colmo del furore.
— Come vi aggrada, — rispose l’agente dal di fuori.
— Ah! Briganti! — esclamò Cardozo.
— Li puniremo tutti, figliuol mio, — disse il mastro.